Descrizione
Nell’orizzonte della generatività è impossibile considerare il concepimento di una nuova vita come una funzione impersonale: è stato così quando, come nel passato, si è ridotto il corpo della donna a “recettore” e custode di una nuova vita che veniva tutta dal maschio. Altrettanto inaccettabile appare l’insistenza sul desiderio del figlio come realizzazione di un “diritto a essere madre”, in cui il maschio viene chiamato a svolgere un mero ruolo strumentale.
Il singolare rapporto tra madre e figlio nel tempo della gestazione attesta che la “relazione” non solo presiede al principio di ogni nuova vita, ma ne segna tutto il percorso: in esso si anticipa quanto la singolarità irripetibile di ogni umana esistenza non possa mai essere detta e riconosciuta senza mettere in conto il suo essere-in-relazione.
La totale dipendenza/appartenenza sperimentata dal figlio nel grembo della madre è la condizione di possibilità affinché egli “sia se stesso”, fin dal primo istante del suo concepimento. Il “nascere da donna” si presenta allora come anticipazione simbolica della relazione creaturale che Dio stabilisce con colui che ha voluto creare a “Sua immagine”.
Per questi motivi il nesso relazione-generazione è in grado di mostrarsi fecondo per una riflessione sulla maternità e di collaborare a illuminare meglio l’identità del femminile.
Ci si deve augurare che la riflessione sulla maternità, di cui questo numero della nostra rivista presenta una prima e ricca documentazione, abbia cura e gusto per impegnarsi ad approfondire i temi qui appena evocati, nell’orizzonte tratteggiato dagli interessanti contributi offerti dagli Autori. [Dall’Editoriale]
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