Don Andrea Cappelli: una traccia evidente lasciata dalle orme di Dio
di David Cantagalli
«La sofferenza è permanente, oscura e cupa e ha la natura dell’Infinità.
Ma mentre vi sono state ore in cui mi sono rallegrato all’idea che le mie sofferenze dovessero essere infinite,
non avrei potuto sopportare che esse fossero prive di significato. Ora trovo nascosto in fondo alla mia natura
qualche cosa che mi dice che nel mondo intero niente è privo di significato, e tanto meno la sofferenza».
(Oscar Wilde, De Profundis)
Ricordo ancora il giorno in cui don Andrea venne a trovarmi per l’ultima volta. Era luglio. Entrò nel mio ufficio, si accomodò, come faceva spesso, e raccontandomi della sua malattia, mi guardò e mi disse con un sorriso: “Non ti affliggere, sono sereno. Mi affido alla volontà del Signore ed offro questa sofferenza per il bene della Chiesa”. Come spesso è accaduto nella mia vita, così in quel momento una lama ha trafitto il mio spirito. Ma, diversamente dalle altre volte, in cui sofferenza e dolore si sono schiantati contro di me, in modo devastante, quella volta ho provato un incomprensibile e inevitabile senso di pace e letizia. L’angoscia purificante, che getta l’animo in una realtà cupa e soffocante, non ha sommerso la mente e il cuore, perché pace, speranza e dolcezza hanno cambiato la natura di quella cupa coltre nera. Credo come avvenne molto tempo fa a coloro che, disperati ai piedi di una croce, conobbero una nuova realtà e una nuova vita.
L’incomprensibile sofferenza mostra in modo sublime il volto della bellezza.
La bellezza del volto di Dio e la sua intelligenza si mostrano con evidenza incontestabile nelle sue opere, prima tra tutte la Creazione. Ma sono sempre più convito, con grande amarezza, che tale bellezza non si manifesti più nella sua creatura prediletta – l’uomo – e nelle opere che egli compie. Don Andrea Cappelli portava in sé gli antichi doni dell’uomo e le evidenti e chiare doti della Creazione. Un uomo naturalmente e realmente buono, generoso, intelligente, capace di un amore premuroso, disinteressato, gratuito, vero.
«Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4,16).
Una traccia evidente lasciata dalle orme di Dio, che dimostra la sua esistenza. Una riconciliazione personale con l’uomo che in don Andrea ha assunto di nuovo la dignità di creatura prediletta.
La domanda “A che punto è la notte?” (cfr. Is 21,11-12) grazie a quest’uomo ha cambiato il suo paradigma: si intravedono i primi bagliori dell’alba.
Don Andrea ha fatto tanto per noi, sempre con grande umiltà e sensibilità, in modo straordinario. A lui dobbiamo la traduzione delle opere del cardinale Robert Sarah. Ma qui vorrei soltanto condividere con voi un’esperienza e un sentire che anche ora, dopo la sua morte, è presente nel mio cuore. Come quella mattina nel mio ufficio, quando mi parlava della sua malattia che stava peggiorando, anche oggi sinceramente non c’è traccia di angoscia, né disperazione. Sono sereno e pieno di letizia perché so che Lui è finalmente al cospetto di Dio e gode della Sua bellezza e del Suo infinito amore.
Ci mancherà la sua presenza, il suo sorriso, il suo affetto, la delicatezza di chi non giudica e ama l’altro come se stesso; ma il dolore di una mancanza è vinto dalla consapevolezza che egli vive nella luce eterna e prega per noi.
«Se mi ami non piangere!
Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo,
se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento
in questi orizzonti senza fine,
e in questa luce che tutto investe e penetra,
tu non piangeresti se mi ami.
Qui si è ormai assorbiti dall’incanto di Dio,
dalle sue espressioni di infinità bontà e dai riflessi della sua sconfinata bellezza».
(Sant’Agostino)
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